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Il lavoro del venditore porta a porta è inquadrato all’interno di un regime fiscale che può variare in base al tetto del compenso raggiunto dal venditore stesso; ci sono diverse possibilità di inquadramento dell’attività di vendita, che vanno dall’apertura di una partita iva, alla gestione tramite regime forfettario.

Venditore porta a porta regime forfettario

Per quanto riguarda i contributi da lavoro, ce ne sono due tipologie di venditori: quelli che raggiungono un reddito annuo di € 5.000 e quelli superano questo reddito.

Quando diciamo reddito intendiamo € 5.000 netti, che nel regima forfettario arrivano a oltre seimila euro, data la deduzione forfettaria che arriva al 22%.

Se invece il venditore porta a porta non va oltre i 5.000 euro, non è tenuto ad aprire una partita iva; ricordiamo che l’apertura della P.IVA è regolata dall’art. 3 della legge n. 173\2005 e con la risoluzione N. 18/E dell’Agenzia delle Entrate del 27 gennaio 2006.

In questo frangente, il venditore porta a porta non ha l’obbligo di presentare una dichiarazione dei redditi, a meno che non abbia altri redditi provenienti da altri lavori.

Inoltre non è soggetto alla tassa Irap e agli studi di settore e non ha alcun obbligo dal punto di vista della previdenza.

Quando il venditore porta a porta apre la partita iva, assume tutti gli obblighi del caso: deve tenere le scritture contabili, fare la comunicazione trimestrale che è regolata dal regime della P.IVA, comunicare i dati delle fatture.

Per quanto riguarda le provvigioni, specifichiamo un altro fattore, regolato sempre all’articolo 3 della L. 173/2005; se le provvigioni lorde su base annua non superano i 6.426,10 euro, il lavoro dei venditori è regolato dalle direttive del lavoro occasionale, che riserva ai venditori un trattamento fiscale facilitato.

È prevista inoltre una ritenuta del 23% sulle provvigioni nette; all’interno della regolamentazione delle provvigioni, la ritenuta riguarda l’impresa che paga il venditore e versa il 23% rispettando i termini di legge, che prevedono il versamento entro il giorno 16 del mese che segue quello del saldo della provvigione; la ritenuta viene pagata con il modello F24 tramite il codice 1038.

Per il suo lavoro svolto il venditore rilascia una ricevuta alla società con cui collabora, dove inserisce il corrispettivo delle provvigioni che gli spettano, dove scrive anche l’importo della deduzione forfettaria. Oltre a questo viene riportato l’importo della ritenuta a titolo di imposta.

Venditore porta a porta con partita iva

Un altro regime che regola l’attività del venditore porta a porta nel caso in cui superi il reddito che vii abbiamo indicato precedentemente è quello della P.IVA.

Quando il venditore porta a porta lavora sotto il regime di partita iva, viene considerato un venditore professionale, con tutti gli obblighi del caso.

Nel caso della partita iva, va aperta entro 30 giorni dal superamento del limite di redditto dei 6.426,10 euro lordi.

Quando il venditore apre la partita iva, deve usare il codice attività 46.19.02 denominato “Procacciatori di affari di vari prodotti senza prevalenza di alcuno“.

Deve inoltre fare l’iscrizione all’Inps in regime di gestione separata; in questo caso i contributi vengono versati per un terzo dal venditore e per due terzi dall’azienda che lo ha assunto, che li verserà direttamente all’Inps.

Venditore porta a porta normativa

Il lavoro del venditore è regolato da un provvedimento legislativo che è stato prodotto a seguito della redazione della L. 173/05, che andiamo ad approfondire.

Questa legge è stata resa operativa per inquadrare determinati problemi che derivavano dall’esercizio di questa professione.

I problemi non erano stati affrontati in modo soffisfacente dalla precedente legge Bersani; uno di questi riguardava l’obbligo per il venditore di avere il tesserino di riconoscimento.

Un altro quesito irrisolto era quello riguardante le vendite effettuate tramite il sistema di vendita piramidale, e le cosiddette “catene di S. Antonio”

Una volta affrontati questi problemi, la legge 173 ha permesso di definire meglio e con maggior chiarezza il significato dell’attività di vendita porta a porta, definendo anche tutti i tipi di rapporti professionali tra l’impresa e il venditore.

La vendita diretta a domicilio è stata definita in un primo momento come una forma di vendita speciale e al dettaglio.

In particolare si riferisce alla vendita al dettaglio di beni e servizi, che vengono regolati dall’articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

Le vendite vengono effettuate attraverso un accumulo di ordini di acquisto, che si annotano presso il domicilio del consumatore finale.

La vendita a domicilio può essere effettuata anche all’interno di altri locali in cui il consumatore si trova al momento dell’acquisto di un determinato prodotto o servizio.

A volte infatti può verificarsi l’ipotesi che il consumatore no possa ricevere, per motivi personali, il venditore presso il proprio domicilio e si prefiguri la possibilità di finalizzare l’acquisto del bene o servizio.

Questa legge non include la pubblicità con il fine di vendere dei prodotti, le iscrizioni a delle determinate società di vendita o la costruzione di uffici atti all’attività di vendita.

Comunicazione di inizio attività alla Questura

La norma che vi abbiamo esposto in precedenza, non regola solamente il lavoro del venditore porta a porta, ma si riferisce anche a determinati obblighi che il venditore ha quando inizia ad esercitare la sua attività.

Prima di tutto deve avere determinati requisiti dal punto di vista commerciale, che sono nominati nell’articolo 5 del decreto legislativo 114/98.

Inoltre deve inviare alla Questura e al proprio comune di residenza la comunicazione di inizio attività e avere il suo tesserino di riconoscimento che gli viene consegnato dall’azienda che lo ha assunto.

Anche per quanto riguarda il tesserino, viene descritto in modo dettagliato dalla legge Bersani: la tessera deva avere un numero, deve contenere le generalità del venditore, una fotografia, riportare la sede e tutti i prodotti che vengono venduti dall’azienda attraverso il venditore e ci deve essere la firma del titolare dell’azienda.

Sono previste delle sanzioni per chi non rispetta gli obblighi imposti dalla legge in materia; queste sanzioni vengono regolate dall’art. 22 del D.lgs 114/98, che prevede una multa da 5 a 30 milioni delle vecchie lire e se ci sono casi di recidiva, si procede alla cessazione di ogni attività di vendita per almeno venti giorni.

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